giovedì 10 dicembre 2009

mercoledì 2 dicembre 2009

DIAVOL



1
Bacchettoni e collitorti, che il diavol se li porti.

2
Ci vuole un'oncia di fortuna, e un diavol che porti.

3
Diavol reca, e diavol porta.

4
La mano tira, e il diavol porta.


DIAVOLE



1
Le donne son sante in chiesa, angele in istrada, diavole in casa, civette alla finestra, e gazze alla porta.


DIAVOLI

1
Fanciulli angeli, in età diavoli.

2
Tre figlie e una madre, quattro diavoli per un padre.


DIAVOLO



1
A chi Dio non dà figliuoli, il diavolo gli dà dei nipoti.

2
Angelo nella giovanezza, diavolo nella vecchiezza.

3
C'è il povero di Dio, e quello del diavolo.

4
Chi chiama Dio, non è contento; e chi chiama il diavolo, è disperato.

5
Chi dà e ritoglie, il diavolo lo raccoglie.

6
Chi dá e ritoglie, il diavolo lo raccoglie.

7
Chi se ne sta con una man sopra l'altra, il diavolo balla nel grembiule.

8
Chi è imbarcato col diavolo, ha a passare in sua compagnia.

9
Contro due fratelli non ne volle il diavolo.

10
Da' del tuo al diavolo, e levatelo di torno.

11
Della superbia de' poveri il diavolo se ne netta il sedere.

12
Di tre cose il diavolo si fa insalata, di lingua d'avvocati, di dita di notaj, e la terza è riservata.

13
Di' a una donna che è bella, e il diavolo glielo ripeterà dieci volte.

14
Di' una volta a una donna che è bella, e il diavolo glielo ripeterà dieci volte.

15
Dio ci manda la carne, e il diavolo i cuochi.

16
Dio non fa mai chiesa, che il diavolo non ci voglia (o non ci fabbrichi) la sua cappella.

17
Dove non può entrare il diavolo, c'entra la versiera.

18
Dove si gioca, il diavolo vi si trastulla.

19
I mezzani sono i pidocchi del diavolo.

20
I Salernitani ingannano il Diavolo.

21
Il diavolo caca sempre sul monte grosso.

22
Il Diavolo dove non può mettere il capo vi mette la coda.

23
Il diavolo insegna a far le pentole ma non i coperchi.

24
Il diavolo insegna a rubare ma non a nascondere.

25
Il diavolo insegna rubare, ma non nascondere.

26
Il diavolo la fa e poi la palesa.

27
Il diavolo le insegna fare, ma non le insegna disfare.

28
Il diavolo non istà sempre in un luogo.

29
Il diavolo non è così brutto come si dice (o come lo si dipinge).

30
Il diavolo presta i danari per 25 anni al più.

31
Il diavolo può tentare, ma non precipitare.

32
Il diavolo è cattivo perché è vecchio.

33
Il Diavolo è sottile, e fila grosso.

34
Il gioco ha il diavolo nel core.

35
Inglese italianato, è un diavolo incarnato.

36
L' oro convince perfino il diavolo a spingere la mola.

37
L'interesse è figliuolo del diavolo.

38
L'uomo è fuoco e la donna è stoppa; vien poi il diavolo e gliel'accocca.

39
La carita' e ben fatta anche al diavolo.

40
La donna ne sa un punto più del diavolo.

41
La donna per piccola che la sia, la vince il diavolo in furberia.

42
La farina del Diavolo va tutta in crusca.

43
La limosina è fatta bene anco al Diavolo.

44
La pulce ch'esce di dietro l'orecchio col diavolo si consiglia.

45
La testa dell'ozioso è l'officina del diavolo.

46
Le donne ne sanno una più del diavolo.

47
Masseria, masseria, viene il Diavolo e portala via.

48
Nella cassa dell'avaro, il diavolo vi giace dentro.

49
Non bisogna fare (o farsi) il diavolo più nero che non è.

50
Non rammentar la croce al diavolo.

51
Non si fecero mai nozze, che il diavolo non ci volesse far la salsa.

52
Ognuno ha il suo diavolo (o il suo impiccato) all'uscio.

53
Quando Dio ci dà la farina, il diavolo ci toglie il sacco.

54
Quando Dio dà la farina il diavolo ci leva il sacco.

55
Quando facciam del male, il diavolo ci tenta, quando non facciamo niente, noi tentiamo lui.

56
Quando i furbi vanno in processione, il diavolo porta la croce.

57
Quando il povero dona al ricco, il diavolo se la ride.

58
Quando il tuo diavolo nacque, il mio andava ritto alla panca

59
Quando piove e c'è il sole, il diavolo fa all'amore.

60
Quando è sole e piove, il diavolo mena moglie.

61
Rare volte il diavolo giace morto nella fossa.

62
Un diavolo conosce (o gastiga) l'altro.

63
Un diavolo scaccia l'altro.

64
Un uomo ozioso è il capezzale del diavolo.

65
Uno, nessuno: due come uno; tre così così; quattro il diavolo a quattro.

domenica 25 ottobre 2009

La Fame dello Zanni
Questo pezzo è un'introduzione a Mistero Buffo e racconta, in forma tragicomica, la sofferenza di un contadino di nome Zanni che sta morendo di fame e, giunto all'ultima ora, cerca di sfamarsi sognando piatti inconsueti.


http://www.youtube.com/watch?v=sCm9IApf1rA

http://www.muspe.unibo.it/period/pdd/num01/10c.htm

giovedì 22 ottobre 2009



ZANNI

Il personaggio dello Zanni viene da lontano se si pensa alla filiazione coi più famosi
buffoni di corte a

Venezia dalla fine del '400 agli inizi del secolo successivo:
Zuan Polo e Zuan Cimador

(la bravura dei quali è citata anche da Pietro Aretino, nelle Sei Giornate, che riporta una sequenza comica, a due personaggi
ma recitata dal solo Zuan Polo, in un teatro veneziano agli inizi del XVI secolo).

http://digilander.libero.it/l_aretino/index.html
http://www.burcardo.org/commedia/index.htm
Zanni (o Zanul, Zuan, Giovanni, Joan, ecc.), era il burlone che si esprimeva in dialetto e che affrontava nei suoi monologhi tutti i temi tipici della successiva Commedia dell'Arte: l'amore, il matrimonio burlesco, il lavoro e i rapporti con il padrone, la fame, i sogni e la morte.

Nella letteratura italiana lo Zanni è presente nelle opere di Pietro Aretino, il quale, nel 1534, descrisse uno Zanni che, nascosto dietro a una porta, contraffaceva tutte le voci… il filo storico col burattinaio non è evidente?

La figura profana dello Zanni cominciò a muoversi in Italia e in Europa grazie al lavoro di attori comici e figure che raccontavano storie di persone, i loro amori, le speranze di una vita spesso assai dura.

Pietro Aretino


« Qui giace l'Aretin, poeta Tosco.

Di tutti parlò mal, fuorché di Cristo,

scusandosi col dir: "Non lo conosco"! »

(Pietro Aretino, del suo stesso epitaffio)
TitianFirstAretinoPortrait.jpg

Pietro Aretino in un ritratto di Tiziano (1512 circa)

Pietro Aretino (Arezzo, 20 aprile 1492Venezia, 21 ottobre 1556) è stato un poeta, scrittore e drammaturgo italiano.

È conosciuto principalmente per alcuni suoi scritti dal contenuto considerato quanto mai licenzioso (almeno per l'epoca), fra cui i conosciutissimi Sonetti lussuriosi. Scrisse anche i Dubbi amorosi e opere di contenuto religioso tese a renderlo benvoluto nell'ambiente cardinalizio che a lungo frequentò.

Figura di letterato amato quanto discusso, se non odiato (e per molti fu semplicemente un arrivista ed uno spregiudicato cortigiano).

Per questa che oggi potrebbe apparire incoerenza fu, per molti versi, un modello dell'intellettuale rinascimentale, autore anche di apprezzati Ragionamenti.



La figura di Pietro Aretino ha segnato in un certo qual modo il XVI secolo contribuendo in maniera determinante al definitivo superamento della visione teologica ed etica propria dell'età di mezzo.

Della sua infanzia si sa ben poco. L'unica cosa di cui si avrebbe certezza è che sia nato nella notte tra il 19 ed il 20 aprile del 1492, frutto di una relazione fra un povero calzolaio di nome Luca Del Buta ed una cortigiana, Margherita dei Bonci detta Tita[1], modella scolpita e dipinta da parecchi artisti[2].

Figlio di cortigiana, anima di re [modifica]

È stato detto che non volle mai far conoscere il proprio vero nome e le sue vere origini in segno di disconoscimento dei suoi natali. Tuttavia gli piacque definirsi figlio di cortigiana, con anima di re.
Scrisse nelle Lettere:


« Mi dicono ch'io sia figlio di cortigiana; ciò non mi torna male; ma tuttavia ho l'anima di un re. Io vivo libero, mi diverto, e perciò posso chiamarmi felice. - Le mie medaglie sono composte d'ogni metallo e di ogni composizione. La mia effigie è posta in fronte a' palagi. Si scolpisce la mia testa sopra i pettini, sopra i tondi, sulle cornici degli specchi, come quella di Alessandro, di Cesare, di Scipione. Alcuni vetri di cristallo si chiamano vasi aretini. Una razza di cavalli ha preso questo nome, perché papa Clemente me ne ha donato uno di quella specie. Il ruscello che bagna una parte della mia casa è denominato l'Aretino. Le mie donne vogliono esser chiamate Aretine. Infine si dice stile aretino. I pedanti possono morir di rabbia prima di giungere a tanto onore.[3] »


Mentre della sua infanzia non si sa praticamente nulla, i suoi biografi riferiscono che quattordicenne o poco più visse a Perugia, dove studiò pittura, frequentando in seguito la locale università.

Trasferitosi nel 1517 a Roma, grazie ai buoni uffici di Agostino Chigi (che tenne alla sua corte anche il pittore Raffaello), si mise al servizio del cardinale Giulio de' Medici e riuscì ad approdare anche alla corte di Papa Leone X. Si trovava nella città eterna quando si svolse il conclave del 1522: e fu probabilmente in quel periodo che scrisse uno dei suoi primi lavori, le cosiddette Pasquinate, cioè poemetti satirici scritti sulla base delle anonime proteste contro la Curia affisse sul busto in marmo del Pasquino, a piazza Navona. A causa di questi componimenti fu esiliato dal nuovo pontefice, un cardinale fiammingo che prenderà il nome di papa Adriano VI (da Pietro soprannominato la tedesca tigna). Poté far ritorno nel 1523 a Roma solo con l'avvento di Papa Clemente VII: cominciò a nutrire però una pesante insofferenza nei confronti delle corti e degli ambienti ecclesiastici. Ebbe in dono in quegli anni il famoso Autoritratto del Parmigianino nello specchio convesso e rimase impressionato dall'"invenzione" del giovane artista cosa che il Vasari così commenta :"....mi ricordo, io essendo giovinetto, aver veduto in Arezzo nelle case di esso Messer Pietro Aretino, dove era veduto dai forestieri, che per quella città passavano, come cosa rara. Questo capitò poi, non so come, alle mani di Valerio Vicentino intagliatore di cristallo, et oggi è appresso Alessandro Vittoria, scultore in Vinezia....".

Nel 1525 decise di lasciare definitivamente Roma e trascorse due anni a Mantova al servizio di Giovanni dalle Bande Nere con cui strinse una sincera amicizia.

Infine nel 1527 si trasferisce a Venezia dove pubblica numerosi componimenti e dove morì nel 1556.

Sonetti lussuriosi [modifica]

Scena erotica, opera di Édouard-Henri Avril, 1892, tratta dai Sonetti lussuriosi di Pietro Aretino.
Scena erotica, opera di Édouard-Henri Avril, 1892, tratta dai Sonetti lussuriosi di Pietro Aretino.
Scena erotica, opera di Édouard-Henri Avril, 1892, tratta dai Sonetti lussuriosi di Pietro Aretino.

È di questi anni la composizione dei Sonetti lussuriosi, che gli erano stati ispirati dalle incisioni erotiche, ritenute ai limiti della pornografia e realizzate dal pittore Marcantonio Raimondi su disegni di Giulio Romano, pubblicate una prima volta nel 1524 sotto il titolo I Modi o Le 16 posizioni e successivamente, insieme ai dipinti ed ai Sonetti, nel 1527; nello stesso periodo scrisse anche il testo teatrale La Cortigiana, commedia ambientata in data antecedente al sacco di Roma e parodia de Il cortegiano di Baldassarre Castiglione.

In rotta di collisione con l'ambiente del Vaticano, Pietro Aretino nel marzo del 1527 lasciò Roma per trasferirsi a Venezia. Nella città lagunare - luogo, a suo dire e a quel tempo, anticortigiana per eccellenza e sede di ogni vizio possibile - trascorse il resto della vita scrivendo e pubblicando la maggior parte delle sue opere, fino alla morte, sopraggiunta il 21 ottobre 1556 presumibilmente a causa di un colpo apoplettico (secondo alcuni, a causa di eccesso di risa).

Si dice (ma sembra sia solo una leggenda, indicativa però dello spirito dell'artista) che sulla sua tomba fossero incisi, come epitaffio questi versi:

Qui giace l'Aretin, poeta tosco;
di tutti parlò mal, fuor che di Cristo,
scusandosi col dir: non lo conosco.

Il compositore Michael Nyman (famoso soprattutto per la colonna sonora di Lezioni di piano) ha recentemente musicato gli otto sonetti in un CD intitolato 8 Lust Songs: I sonetti lussuriosi, interpretati dalla soprano Marie Angel. L'album è pubblicato a novembre 2008 dalla MN Records.


mercoledì 9 settembre 2009

arlecchino



Alberto Camerini
Opinioni di un cyberpunkdi
Raffaele Pirroni
Nato in Brasile, profondamente permeato dagli umori musicali di quel paese, Alberto Camerini è poi diventato noto in Italia come l'Arlecchino elettronico, con successi easy-pop come "Rock'n'roll Robot" e "Tanz Bambolina". Ma la sua carriera, assai più complessa e multiforme - dalle sperimentazioni wave all'approdo ska-hardcore degli ultimi anni - è la parabola di una generazione e svela un personaggio eclettico, che attraverso il suo eterno Carnevale, ha cercato di smascherare le contraddizioni e i simulacri della società
Cenerentola e il pane quotidiano (Cramps, 1976)
Gelato metropolitano (Cramps, 1977)
Comici cosmetici (Cramps, 1978)
Gelato metropolitano - successo (Cramps, 1980)
Alberto Camerini (Cramps, 1980)
Rudy e Rita (Cbs, 1981)
Rockmantico (Cbs, 1982)
Angeli in blue jeans (Cbs, 1986)
Dove l'arcobaleno arriva (Duck Records, 1995)
Cyberclown (316 Records, autoprodotto, 2001)
Kids Wanna Rock (316 Records, autoprodotto, 2005)
disco consigliato da Onda Rock
pietra miliare di Onda Rock
Sito ufficiale
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"C'è questo tipo strano/ vedrai ti piacerà Lui suona la chitarra/ in una rock'n'roll band. E' come un Arlecchino/ ma non si rompe mai Se attacchi la corrente/ si accende e partirà"
Alberto Camerini ha conosciuto il momento di massima popolarità tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli 80, soprattutto grazie all'intuizione che ebbe nel riconoscere l'importanza del look e facendo del travestitismo la sua forza maggiore. Ma procediamo con ordine: i Beatles sperimentarono e/o divulgarono il concept-album. Non più tante canzoni sparse ma un "insieme" di canzoni che offre la possibilità di essere letto in chiave monotematica, quindi pezzi collegati fra loro da uno o più elementi comuni, siano questi musicali, lirici, d'atmosfera o tutto insieme. David Bowie fece dell'intera sua carriera un concept-album: brani che derivano dai precedenti e anticipano i successivi, magari di un altro Lp, e ogni Lp è collegato a quelli precedenti e a quelli che verranno, mentre le storie continuano, si incrociano, si richiamano. Da questo punto di vista, Camerini è il nostro piccolo David Bowie; Arlecchino, come Ziggy Stardust per il cantante inglese, si rivelerà una maschera a volte perfino difficile da eliminare. La sua opera, dagli inizi fino ai nostri giorni, si presenta quindi come un continuum, formato da alcuni temi ricorrenti: quelli musicali (sperimentazione e tradizioni), quelli iconografici (il Carnevale e le maschere) e quelli testuali (l'incomunicabilità).
La musica Alberto Camerini nasce in Brasile, da genitori italiani, torna in Italia ancora bambino e inizia precocemente la carriera musicale, lavorando come chitarrista nelle sale di incisione. Partecipa alla realizzazione di numerosi album, anche di artisti affermati come Patty Pravo, Ornella Vanoni, Area, Stormy Six, Equipe 84, Eugenio Finardi (col quale forma anche un gruppo: "Il Pacco")… Nel '76, fiancheggiato da illustri collaboratori come Patrizio Fariselli, Paolo Tofani, Lucio Fabbri, Lucio Bardi, Pepè Gagliardi, Paolo Donnarumma, e, in un secondo tempo, l'amico Roberto Colombo (già arrangiatore di vari artisti tra cui Fabrizio De André nel concerto con la Pfm) si mette in proprio e per i primi due-tre anni inizia i suoi esperimenti nel tentativo di creare una forma di pop moderno servendosi non tanto (non solo) dei paradigmi classici (blues, country, rock'n'roll, beat, folksinger ecc.) quanto dei ritmi e delle sonorità della sua terra: il Brasile. "Sono nato nel sole di un paese grande - racconta - che libero forse non è stato mai, un paese grande, di gente felice, di grandi foreste e di grandi città…" Per cui ecco che all'elettronica, ai sintetizzatori, all'elettricità degli strumenti, alla forma-canzone tipicamente rock, Camerini aggiunge samba, danze Catira degli indios, percussioni marimba, saudade, liturgia macumba, l'afoxe di Bahia e tutti i generi che compongono quell'eterogeneo melting pot di una nazione grande, molto particolare, in cui si sono assimilate influenze di tutte le popolazioni, in cui hanno convissuto il voodoo, il condomblè, le leggende dei pirati e cercatori d'oro, le orchestre dei musicisti jazz (la bossanova) ecc.
Ares Tavolazzi, ex bassista degli Area, partecipa alla realizzazione del secondo album (oltre ad esserne anche il produttore) suonando basso, chitarra portoghese e violoncello. Lo stesso Camerini si diletta con gli strumenti più inconsueti, dal mandolino fino alla programmazione dei campionatori.
Il cambio di etichetta (dalla Cramps alla Cbs) segna anche il passaggio, in modo ancor più evidente, degli interessi del cantante verso l'elettronica, e dà il via alla parentesi fortunata durante la quale le sue ricerche lo portano, per un certo periodo di tempo (1980-1984) a successi commerciali, dischi di platino, prime pagine di giornali specializzati, inviti a trasmissioni televisive e anche partecipazioni a vari festival (che, in qualche modo decretarono la fine di quel momento aureo in cui la sua band arrivò a servirsi addirittura di cinque sintetizzatori!).
Successivamente disgustato dalle castranti quanto miopi imposizione della nuova casa discografica, Camerini decide di concedersi del tempo per riflettere, per studiare e per maturare, forse anche costretto a questa scelta da problemi di salute e personali. Lo farà in Brasile e a Venezia. E non sarà un caso. Tornato con l'idea di starsene più in disparte, di appoggiare la causa dei centri sociali, di fare spettacoli in piccoli spazi in cui avere un rapporto più stretto col pubblico, dopo un impacciato tentativo di autoproduzione con l'album Dove l'arcobaleno arriva (1995), riprende le sue sperimentazioni, soprattutto quel tentativo di mantenere vive le tradizioni popolari senza rimanere arretrato in campo rock, senza mai cadere in alcun tipo di revival e senza cedere allo "strapotere" anglo-americano. Così amplia i suoi orizzonti proponendo anche i generi tipicamente italiani che, tra la fine del Seicento e l'inizio dell'Ottocento, sfondarono in tutta Europa.
Esperimenti nobilissimi che forse pochi hanno avuto modo di apprezzare. Per i più, Camerini resterà soltanto l'Arlecchino elettronico, più commerciale ed esibizionista. Tra l'altro, anche durante il periodo di maggior notorietà, Camerini non si abbandonerà mai alla commercialità facile.
Appassionato studioso di Commedia dell'Arte e delle controculture nella storia e nel mondo, semplicemente capisce, come già tanti avevano fatto da tempo fuori dall'Italia, che l'immagine è componente fondamentale nell'universo della musica pop. E per un po' si diverte a giocare. Ma fra una chitarra dalla forma strana e un'acconciatura bizzarra, fra un "Tanz Bambolina" e un "Rock'n'roll Robot" (massimo successo di sempre), nei suoi album compare immancabilmente ora un pezzo ska, ora un'arietta veneziana del XVIII secolo, ora una ballata, ora un brano in chiave salsa, sempre sotto una veste comica e divertita.
Il carnevale C'è qualcosa in comune fra il Brasile e Venezia, città in cui Alberto si reca per studiare dopo gli otto anni di instancabile lavoro e dopo i tre-cinque di grandioso successo, ed è il Carnevale.
I testi delle canzoni di Camerini, le atmosfere, i racconti, ci portano spesso al Carnevale.
Una festa dai sapori ancestrali, tipicamente popolare che, da sempre, ha camminato a braccetto con la musica (i canti carnascialeschi del Rinascimento... il soul e il funk durante il Carnevale di New Orleans…)
Camerini propone il Carnevale al pubblico della musica leggera in chiave rock, anzi, new wave.
E' un banchetto di maschere il mondo di cui canta, un enorme e sfavillante Carnevale, come potevano apparire anche le città del Movimento, Roma, Milano, Bologna, polveriere in subbuglio, post-77, che lasciavano brulicare tossici, artisti, politici, terroristi… C'era l'Ultima Spiaggia, gli Area, la Harpo's Bazar, la Cramps, l'eroina, Re Nudo, Cannibale, Il canzoniere del Lazio, Gianfranco Manfredi, Finardi, le radio libere, i carrarmati… Anni di smarrimento, di freddo, di incomunicabilità, e le uscite, gli orizzonti possibili, le vie di salvezza, almeno musicalmente, erano principalmente due: il "no-future" del punk, oppure il mondo virtuale della new wave. Camerini si ritrova più in quest'ultima espressione, e ci canta la mutazione da uomo a robot, da essere intelligente a computer, da pensiero/idea a elettronica (con "Computer Capriccio", nel 1983, Alberto si presentò al Festivalbar).
Ma il suo Carnevale è un Carnevale anche di suoni, che non attinge quasi mai dal genere più convenzionale dei cantautori: mai le parole, le frasi, sovrastano la musica, mai cerca una astrusa costruzione musicale che riesca a contenere un messaggio che non sta nella battuta. Non ce n'è bisogno.
Questa operazione, tipicamente italiota, è negata proprio perché il messaggio, in quanto contropartita naturale del pensare/vivere "ordinario", è il bersaglio di Camerini. Il messaggio sta nella musica, se proprio lo si vuol trovare, nelle melodie gradevoli, ma anche insolite, nelle sonorità, nelle rumorosità. In questo senso si può anche parlare di musica demenziale: perché Camerini si diverte. Sperimenta, ironizza, ammucchia, mescola, ride e fa ridere. In opposizione al grigiore e alla glacialità dei paesaggi descritti dai vari Joy Division, Fall, Pere Ubu, Suicide, il nostro ci mostra la sua curiosità, la sua ironia, la sua follia se vogliamo, e in fin dei conti ciò che ci mostra è il suo trovarsi bene in questo mondo di maschere.
Travestito dichiaratamente da Arlecchino, disambientato, cerca di cambiarlo deridendolo, canzonandolo, facendo notare le contraddizioni, le maschere che sono in (e di) ogni persona, i ruoli già scritti, la continua imitazione/simulazione, i simulacri. Pare quasi di scorgere, nei versi di Camerini, il pensiero di Baudrillard: la società è destinata all'implosione, in quanto il percorso intrapreso è quello del simulacro, della reiterazione infinita di modelli di cui si è persa la memoria originale; la realtà è stata sostituita da una iper-realtà promossa dai mass-media e dalle multinazionali. E ascoltando le canzoni, le vediamo quasi scorrazzare, le tante marionette che popolano questa iper-realtà: "la gente, gli sconvolti, i danzatori, i maghi, i clown, gli scocciatori, i parlatori, i politici, i filosofi, i poeti, i giocatori" ("Macondo" - 1978), "il Presidente, la mafia, i terroristi, la camorra" ("Maccheroni Elettronici" - 1982), "signori, signore, amici, compagni, spettatori, grandi e bambini" ("Gelato Metropolitano" - 1977) Ancora maschere quindi, tutti personaggi che giocano (senza saperlo?) a recitare questa o quella parte e per le quali Camerini non sembra provare molta simpatia.
Lo stesso Movimento (compagni… rivoluzionari… il ristorante dei fumetti…) è troppo cupo, troppo arrabbiato, ormai privo di ironia.
Camerini ama di più i vari Pantalone, Ricciolina, Serenella, Pulcinella e Colombina.
Ama se stesso: Arlecchino, il clown folle ridisegnato per i nostri giorni. Ballerino, trascinatore e innamorato come sempre, ma anche schizofrenico, impasticcato e nervoso.
Comunque allegro, e ogni canzone porta con sé e dona una fetta di quella irresistibile allegria.
L'incomunicabilità
Fortunatamente non è solo così. Fortunatamente, tra i giochi e le risate, c'è anche una linea d'ombra. Ed è proprio quando viene a crearsi la magica fusione tra la malinconia della linea d'ombra e la gioia epilettica del nostro clown elettronico, che si toccano le vette più alte.
Tornando brevemente, e approssimativamente, a Baudrillard e alla sua denuncia della perdita dei valori nella tecnostruttura in cui viviamo: la modernizzazione trionfante ha cancellato ogni prospettiva di fuga. Il futuro, come si diceva, non c'è.
Siamo destinati a implodere a ritmi vertiginosi. Forse solo la "seduzione" può aprire uno spiraglio.
Il concetto di seduzione è quello di cui si servì il sociologo francese, in un secondo tempo, per schiudere, nel drammatico panorama che le sue idee offrivano, un fievole barlume di salvezza.
La seduzione è uno scambio non necessariamente solo simbolico.
Un sentimento come l'amore, anche solo come desiderio di sesso da donare/ricevere, è un impulso che ancora può dire qualcosa nonostante l'ormai antica speculazione cui è stato soggetto, e può ancora dire qualcosa perché è forte, sfuggente, non completamente controllabile.
Sedurre significa rapportarsi con altre persone, capire l'Altro, capire anche se stessi. E' trasgressione. E' anti-riproduzione. Così il nostro Arlecchino prova, cerca di sedurre, di essere sedotto, ma ci tiene a far notare quanto ciò risulti complicato.
Il livello di incomunicabilità a cui siamo arrivati è un ostacolo gravoso che il clown, con ironia e con follia, tenta di superare continuamente. Non è importante che ci riesca, per la riuscita del pezzo, ma ciò che risulta fondamentale è che ci sia il tentativo, la consapevolezza che, in un mondo di macchine, questo tentativo può anche fallire, il velo di incertezza, il dubbio, lo smarrimento nel riscontro del vuoto altrui. E' tutto questo che si fonde mirabilmente nell'universo sonoro di Camerini. E' questo che ci esprime la sua musica. Si prenda "Tanz Bambolina" (1982), ad esempio,
"Come faccio a dirti/ vuoi ballar con me/ se non riesco a dirti/ che ti amo già" oppure
"Basta che mi accendi/ sintonizzati con me/ basta che mi cerchi/ io sarò vicino a te" ("Sintonizzati con me" - 1980) o ancora:
"Vorrei saper dirti tutto ma se ti vedo vado in palla e riesco solo a dirti che… bip bip rock bip bip rock…" ("Bip Bip Rock" - 1981).
Pura incomunicabilità.
Arlecchino elettronico
Resta il fatto, certo, che Camerini in questo mondo che evolve verso il nulla virtuale, verso la vittoria dei mass-media, dell'informatica e della televisione, ci sguazzi divertito, ai lati, ridicolizzando se stesso e la società tutta, a partire dal basso, dai valori, dai principi, dalle tradizioni, dai luoghi comuni, dai falsi miti ("Cenerentola" - 1976).
Ed è anche facendo uso di prodotti artificiali che il moderno Arlecchino riesce nel suo intento dissacrante e ci mostra come, in mezzo al grande pasticcio dei nostri tempi, nel gigantesco ristorante, fra gli sfarzi e le ricchezze inutili, fra i succulenti e svariati cibi che sempre fanno capolino nei testi delle canzoni e che, ancora una volta, fungono da simboli in un sistema di simboli, ecco che compaiono elementi destabilizzanti come il "pane quotidiano", il "gelato metropolitano", i "maccheroni elettronici", "l'amica che dà tanta allegria con i suoi vestiti bianchi e i suoi sorrisi colorati"… Del resto la maschera di Arlecchino nacque nella Commedia dell'Arte dal tipo generico del servo, e racchiude in sé e nell'immaginario comune molte delle caratteristiche che servono a Camerini per esprimersi, utilizzando queste caratteristiche a suo piacimento, ricontestualizzandole, riproponenedole in modo nascosto, oppure ripetendole fino all'ossessione, stravolgendole.
Il nome "Arlecchino", ad esempio, secondo alcuni studiosi deriverebbe da "Hellequin", un origine demoniaca, quindi, che calza a pennello se si pensa alla figura (e anche alla vicenda umana) del cantante. Arlecchino è anche il servo sempre affamato, e infatti il cibo è un elemento che ricorre all'infinito nei pezzi.
Arlecchino è un po' furbo, Arlecchino presenta un abito di tanti colori e, associando l'immagine policroma che crea nella mente questa maschera, viene naturale anche il paragone con la musica che nasce dall'eccentrico Camerini, oltre che con le allucinazioni da acido.
Inoltre, Arlecchino ha subito tante trasformazioni nel tempo, e allo stesso modo il nostro artista brasiliano.
Ma qui, forse, esiste un parallelo ancor più sottile: è infatti l'uomo che ha subito innumerevoli trasformazioni nel corso della storia e, in questo nuovo millennio, si trova a dover affrontare la mutazione genetica più radicale, cioè quella in macchina. E la mutazione è anche quella da rocker a cyberclown: l'ultima maschera di Camerini, passata, naturalmente, attraverso il rock'n'roll robot.
La lateralità
Camerini è un personaggio laterale, dinamico, non imprigionabile in clichè, e dal suo gioco di simboli, ne esce non-simbolo.
Forse un robot, forse Arlecchino, forse un extraterrestre ("Neurox", 1978, il proto-cyberclown), forse semplicemente un cantautore trasformista, forse un pazzo, forse un buffone, ma, di certo, fra tutti questi "forse", rimane di lui un'immagine scivolosa, che non si fa acciuffare e che, in questo grande teatro, vi entra solo per un motivo: per spogliarlo e deriderlo, rimanendone a lato.
Ancora oggi lo si può rintracciare nei più disparati rifugi, strimpellare con la chitarra acustica antiche canzoni settecentesche, lontane melodie mediterranee intrise di melodramma e psichedelia ("Diamantina" - 1995), capolavori come "Cyberclown" (2001), oppure samba e antiche canzoni popolari brasiliane di protesta (da Ernesto Dos Santos passando per altri compositori minori o semi-sconosciuti).
E' perfino facile, ultimamente, scovarlo sui palchi di fumosi centri sociali, sostenuto dai più "arrabbiati" estremisti della triste scena hardcore italiana, alle prese con il punk più sbracato o con smaliziate canzoncine ska. La sua attuale band, la "Skidsoplastix", è formata, oltre che da un fine chitarrista jazz, da un bassista proveniente dal combo dei Punkreas e dall'ex batterista dei Pornoriviste, oscuri figuri dimostratisi pronti, in ogni caso, a "sporcarsi le mani" per questo Grande Vecchio, riconoscendogli, fra le altre cose, di essere stato uno fra i primi, con pezzi quali "Divo divo", "Poliziotto per favore", "Comici cosmetici" (tutti brani datati 1978) a pasticciare con il punk in Italia e di essere stato uno fra i primi, se non proprio il primo, in questo caso, a introdurvi lo ska, con pezzi come "Ska-tenati" (1980).
Uno dei limiti, se vogliamo, è rintracciabile proprio nella discontinuità: a guardar bene, infatti, quasi nessuno dei suoi album convince da capo a fondo. Perennemente instabile, spesso sopra le righe, durante la sua trentennale carriera Camerini ha sempre affiancato a canzoni straordinarie altrettanti pezzi non riusciti, a volte (forse) pretenziosi, a volte (forse) troppo deboli o incompiuti ma, paradossalmente, si potrebbe interpretare anche questo aspetto come sintomo della genialità, o quantomeno dell'eccentricità del personaggio: il suo non dare certezze, il suo non farsi capire, lasciando sempre il dubbio che, forse, qualcosa da capire c'era. E possiamo anche concludere con una frase di Roberto "Freak" Antoni, che parlava degli Skiantos (altri illustri iscritti alla Cramps degli anni d'oro), ma che può, in qualche modo, essere "girata" benissimo anche a Camerini: "Contaminare con una violenza tutta concettuale il prevedibile mondo del buon senso, a una poetica alta, da grande artista, contrapporre una poetica bassa, da artista sconnesso. Il pubblico guarda male, ti sorprende a farfugliare, a biascicare cose strane in rima baciata da scuola elementare, oppure ti sente urlare frasi in gergo, come se parlassi (solo) ai tuoi complici, e si chiede se sei furbo o cretino, se la tua è una scelta o un tentativo miserabile, se hai cultura, dignità, consapevolezza, o sei un bluff".

domenica 3 maggio 2009

meste scontri di piazza






Mestre scontri di piazza_ fotomontaggi
Progetto per video da girarsi a Marghera dove un arlecchino viene picchiato da alcuni poliziotti in divisa antisommossa.